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Commenti alla scoperta sulla Sindone

I primi commenti alla scoperta del nuovo sconvolgente fenomeno rinvenuto sulla Sindone

 

“La Sindone è indagata da fisici, chimici, elettronici, storici, botanici, geografi, antropologi, fisiologi, ortopedici, oltre che da altre figure di scienziati dalla competenza così specifica che sarebbe troppo noioso anche il solo elencarle.

Certo non può muoversi alcuna critica per un’interdisciplinarietà così ampia, trattandosi appunto di un’immagine la cui enigmaticità investe la sua materia tangibile, le sostanze che la compongono, le radiazioni che la penetrarono, le vicende che trascorse, i luoghi che percorse e le fattezze dell’uomo che rappresenta.

Tuttavia si tratta con certezza di un’immagine e non si comprende perché al primo posto degli studi di cui è oggetto non si trovi la Scienza della Rappresentazione dello Spazio (geometria proiettiva, geometria descrittiva, fotogrammetria), che appunto di immagine si occupa.

Merito di Giuseppe Maria Catalano è quello di aver sostenuto la pertinenza della Scienza della Rappresentazione dello Spazio ed aver applicato questa scienza allo studio dell’immagine della Sindone.”

Roberto de Rubertis

Ordinario, Scienze della Rappresentazione dello Spazio, Università di Roma La Sapienza, 2000

Sulla rivista internazionale XY, n. 38 e nella trasmissione scientifica su RAI 2 , Il filo di Arianna.

 

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“Le scoperte di Giuseppe Maria Catalano sono un dono rivolto all’intera umanità.”

Rosario Filosto

Ordinario, Scienze della Rappresentazione dello Spazio, direttore del Dipartimento di Scienze della Rappresentazione, Università di Palermo, 1999

In una lettera per ringraziare G.M. Catalano del volume sulla scoperta.

 

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“Come mai malgrado la scoperta sulla Sindone Giuseppe Maria Catalano non è ai vertici accademici?"

L'Editore Gangemi

"Perché è troppo bravo per il mondo accademico.”

Cesare Cundari

Ordinario, Scienze della Rappresentazione dello Spazio, Università di Roma La Sapienza, 1999

Tratto dal dialogo riportato dall’editore Gangemi, avvenuto a Roma, in occasione della pubblicazione della scoperta, tra C. Cundari e lo stesso editore.

 

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“Giovanni 20,4-8

Comune traduzione:

 

Correvano tutti e due, insieme, ma quell’altro discepolo corse più svelto di Pietro e arrivò primo al sepolcro.

Chinandosi vide le bende per terra, ma non entrò.

Arrivò anche Simon Pietro che lo seguiva; entrò nella tomba e vide le bende per terra e il sudario che era sul capo di Gesù, non per terra con le bende, ma ripiegato in un angolo, a parte.”

Nuova traduzione:

“Correvano tutti e due, insieme, ma quell’altro discepolo corse più svelto di Pietro e arrivò primo al sepolcro.

Chinandosi vide i lini distesi, ma non entrò.

Arrivò anche Simon Pietro che lo seguiva; entrò nella tomba e vide i lini distesi e il sudario che era sul capo di Gesù, non disteso, ma ravvolto nel suo stesso posto.”

La seconda versione oggi mi si impone per i seguenti motivi:

Il termine oqonia non significava qui bende, ma lini; infatti per indicare le bende   Giovanni usa il termine tas  ceiras, precisamente nell’episodio della resurrezione di Lazzaro (11,44). Onde si evince chiaramente che il plurale oqonia, indica i lini che servirono alla prima affrettata e provvisoria sistemazione del corpo di Gesù, cioè la Sindone.

Il testo originale greco del Vangelo di Giovanni ci dice cose ancora più importanti, sinora non messe sufficientemente a punto. La frase alla  cvris è stata sempre tradotta: “ma in un angolo a parte”.

Dall’insieme del periodo risulta però la possibilità molto più convincente dell’altra versione sopra esposta: “ma all’opposto”, che indica innanzitutto una contrapposizione intenzionale, cioè non quella dei siti: i Lini qua , il Sudario là, ma quella degli stati particolari in cui furono trovati la Sindone e il Sudario: cioè l’”ou keimenon” (non disteso, come era distesa la Sindone) ma entetulicmenon, (ravvolto) riferito al Sudario.

Questo infatti fu trovato nel suo specifico posto, eis ena topon, non quindi altrove, ma precisamente ove stava quando il corpo di Cristo fu depositato sulla lastra tombale, nel medesimo posto in cui era situato il capo di Gesù nella Sindone.

A conferma troviamo questa espressione con eguale significato nel Genesi, con cui si rappresenta la formazione dei mari. Vi leggiamo infatti nella edizione egiziana: “Le acque furono radunate in un medesimo unico posto”, eis ena topon.

Dunque Giovanni intende attrarre la nostra attenzione sulla costatazione che più lo impressionò: 1) la Sindone distesa, keimena . 2) il Sudario invece ravvolto, entetulicmenon.

Giuseppe Alessi

Sacerdote, dottore in lettere antiche, celebre esperto in Greco Antico, Palermo 2000

Dal testo trasmesso a G. M. Catalano dopo l’esame della scoperta, per mostrare come questa sia in accordo con la corretta traduzione del brano del Vangelo di Giovanni.

 

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